SPERANZA

SPERANZA

GIORGIO VIALI

IBRIDAZIONI

Aristea e il peso della solitudine

Nel cuore pulsante di una città vibrante e disillusa, dove le luci dei lampioni si confondono con il neon dei locali notturni, viveva una giovane donna di nome Aristea. Non era una giovane come le altre, anzi, era l'incarnazione di quel disagio sociale che la società moderna, avvolta nel suo manto di superficialità, tanto frequentemente ignorava.

Aristea, dai capelli tinti di sfumature impossibili e dagli abiti che sfidavano le convenzioni, si ergeva come un faro di ribellione in un mondo che le pareva insensato. La sua vita quotidiana si snodava tra le pareti di una modesta stanza, un rifugio dall'ostilità del mondo esterno e, paradossalmente, un palcoscenico sul quale recitare la sua personale tragedia. Qui, operava come sex performer online, un’arte che, per quanto si possa dire, non era frutto di un piacere autentico, ma piuttosto di una necessità di connessione, di approvazione e, in ultima istanza, di sopravvivenza.

Ogni sera, quando il buio avvolgeva la città, Aristea accendeva il suo computer, e il mondo virtuale si apriva davanti a lei come un sipario che la sceglieva per il suo dramma. Sullo schermo, esponeva un'immagine di libertà, un essere seducente e audace, mentre dentro di lei si agitava un tumulto di insicurezze e vulnerabilità. Era come se, per ogni visita, per ogni messaggio, dovesse indossare una maschera sempre più pesante, per nascondere un'anima che desiderava solo affetto e comprensione.

“È chiaro,” pensava Aristea, “che costantemente si consuma in questo gioco, in questo strano balletto di corpi e desideri, mentre l’umanità che mi circonda rimane disinteressata, ignara della profondità del mio abisso.” I suoi clienti, ora uomini ora donne, proiettavano su di lei le proprie fantasie, cercando un rifugio nelle sue performance, eppure nessuno sembrava notare l’eco della sua solitudine, nessuno sembrava sapere che, sotto l’apparente spavalderia, si celava un cuore ferito e inquieto.

La notte avanzava e il silenzio della stanza era interrotto soltanto dal suono dei tasti, dall'eco delle richieste sempre più audaci che le giungevano dai suoi spettatori. Aristea rispondeva, rideva e danzava, ma in fondo, ad ogni battito, sentiva il peso di una maschera che le stringeva il petto, togliendole il respiro. Le ore scivolavano via come sabbia in un’ampolla, e con esse il tempo della vita reale le sfuggiva, lasciandola solo con le sfumature di un’esistenza fratturata.

A volte, nei momenti di intimità virtuale, sentiva un vago barlume di connessione, una scintilla di umanità che illuminava brevemente il buio della sua notte; ma sempre quel calore si affievoliva, lasciando solo il freddo della disillusione. E così, ogni mattina, mentre il sole sorgeva, Aristea si trovava a guardare il suo volto riflesso nello specchio, osservando il pallore delle sue guance e la stanchezza dei suoi occhi. L'espressione che vi scorgeva era quella di una giovane che ha perso la strada, intrappolata in un labirinto di illusioni e promesse disattese.

Quale sorte attendeva questa creatura tanto complessa, così stupenda eppure tanto soli? La vita le aveva donato una serie di opportunità di brillare, ma il prezzo da pagare per quel bagliore era la nascita di un'ombra profonda, un'oscurità che sembrava inghiottire tutto.

Eppure, in un angolo recondito del suo essere, Aristea custodiva una piccola speranza, un desiderio di trovare, un giorno, qualcuno che potesse vederla non come un oggetto del desiderio, bensì come un’anima vibrante di emozioni, un essere vivente alla ricerca di senso in una realtà che spesso sembrava priva di significato.

Ma mentre la frenesia della vita moderna continuava a scorrere, Aristea si aggrappava a quell’ardente speranza, come una candela tremolante nella tempesta. La solitudine, quella compagna infida, continuava a circondarla, ma nonostante tutto, il suo spirito, originale e indomito, non avrebbe mai ceduto. La sua storia, cruda e spietata, era solo all'inizio.

GIORGIO VIALI

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